T by Chetna Maroo

T by Chetna Maroo

autore:Chetna Maroo [Maroo, Chetna]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 2024-04-22T22:00:00+00:00


Mona smise di andare al lavoro. Non andava più da nessuna parte, solo a scuola, a Western Lane e al supermercato, quando papà ci accompagnava, oppure all’alimentari. Telefonò il responsabile del salone e Mona disse che aveva troppi compiti e non riusciva più ad aiutarlo, se per favore poteva avvertire anche gli altri. Continuava però a occuparsi della casa.

Al forte, io e Khush ripensammo a quello che era successo al luna park. Khush disse che a Mona piaceva Shaan ma, già prima che 7 Seconds si presentasse con il suo skateboard, non aveva intenzione di fare niente. Non sopportava l’idea che zia Ranjan, o chi per lei, potesse chiamare papà lamentandosi che sua figlia andava in giro con un ragazzo pakistano. Che vergogna per nostra madre. Quando lei era viva, appena facevamo qualcosa di sbagliato, i nostri parenti tiravano in ballo i suoi sentimenti, come se bastasse niente a ferirla. Ma non era così. Ormai non aveva più importanza. Adesso che mamma non c’era più, la nostra capacità di ferirla sembrava infinita.

Mona aveva davvero tanti compiti, e anche Khush. Venivano a Western Lane solo per un’ora al giorno, e ben presto solo di sabato. L’avevano deciso loro e papà non si era opposto. Non mi allenavo più con le mie sorelle. Una volta Maqsud mi fece giocare con la figlia di suo cugino, ma non le piacque perché colpivo con troppa forza per lei e quando me ne resi conto era tardi. Da allora rimanemmo solo io, papà e Ged.

Io e papà tornavamo a casa da Western Lane a tarda sera e avevo sempre l’impressione che fosse passato molto tempo dall’ultima volta che avevo visto le mie sorelle. Mi prendevo il latte in frigo o uscivo subito in giardino per andare su e giù per il vialetto con i pattini e rivedere nella mia mente le partite della settimana. A volte, mentre pattinavo, pensavo a Ged, a come mi aveva sorretta quando ero scesa dall’ottovolante, o ai colpi facili che aveva piazzato quando mi ero fatta male, mi abbandonavo ai ricordi e a quel punto non ero più in giardino. Quando rientravo in casa, papà alzava lo sguardo dalle sue carte e si limitava a fissarmi come se fosse sorpreso.

«È per mamma» diceva Khush. «Perché somigli a mamma».

Se Mona non aveva cucinato, papà aspettava che rientrassi dal giardino e mi mandava con Khush all’alimentari. Tornavamo con fagioli in scatola e pizzette surgelate, e Mona si arrabbiava. Chi veniva a trovarci voleva sempre sapere cosa mangiavamo e anche questo faceva arrabbiare Mona. I suoi malumori non turbavano papà, che anzi sembrava non accorgersene nemmeno.

Una sera mi venne la nausea in campo e papà, che era sulla balconata con la madre di Ged, scese e mi disse che dovevo mangiare qualcosa. Non sapevo cosa rispondere. L’indomani, la madre di Ged venne a casa nostra. Rimase sulla soglia e disse che ci aveva portato un piatto di lasagne perché ne aveva fatte in eccesso, ma non si sarebbe fermata.

Papà replicò: «Mona stava giusto preparando il tè».



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